Leone XIV per lo Stato di dirittosecondo Sant’Agostino

21 September 2025 0 By EH(?)

«Senza la giustizia non si può amministrare lo Stato; è impossibile che si abbia il diritto in uno Stato in cui non si ha vera giustizia. L’atto che si compie secondo diritto si compie certamente secondo giustizia ed è impossibile che si compia secondo il diritto l’atto che si compie contro la giustizia […] Lo Stato, in cui non si ha la giustizia, non è uno Stato. La giustizia infatti è la virtù che distribuisce a ciascuno il suo».

Con queste citazioni – che ha definito “sentenze perennemente valide” e che ha rimarcato augurandone l’applicazione “all’attuale panorama internazionale” – Papa Leone XIV ha concluso ieri (20 settembre 2025) la riflessione su uno dei temi fra i più impegnativi e gravosi all’ordine del giorno rivolta ai partecipanti al Giubileo dedicato agli operatori, a vario titolo, nel settore della giustizia.
E, a quale altra fonte rigenerante avrebbe mai potuto ispirarsi in particolare un “figlio di Sant’Agostino” – quale ripetutamente ricorda di essere, fin dal suo affacciarsi alla Loggia Centrale della Basilica Vaticana, appena eletto al Soglio Pontificio – se non al Padre-Maestro e alla sua opera fondamentale: “De civitate Dei”?

Opera di cui mi porto impressa nella mente, per motivi facilmente deducibili, un’altra “sentenza”, tranchant e strettamente collegata alle precedenti per associazione di idee, quanto all’ ingiustizia. «Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri? Perché anche le bande dei briganti che cosa sono se non dei piccoli Stati? È pur sempre un gruppo di individui che è retto dal comando di un capo, è vincolato da un patto sociale e il bottino si divide secondo la legge della convenzione».

Che altro sarebbe, infatti, se non furto dei più spregevoli quello che lede la dignità della persona nel mancato rispetto dei canoni della giustizia nei suoi confronti, in qualsiasi evenienza?

Sentenze – quelle del Vescovo d’Ippona – inequivocabili, espresse con un linguaggio alla portata di tutti.
E l’auspicio dichiarato da Papa Prevost riguardo a quelle “parole impegnative”- in presumibile evidenza a conoscenza dei membri della gerarchia ecclesiastica di ogni tempo, se non altro perché in sintonia con le leggi divine… pur sempre ricorrenti nelle prediche – che siano [che sarebbero dovuto essere!] di ispirazione per “ognuno di noi ad esprimere sempre al meglio l’esercizio della giustizia a servizio del popolo, con lo sguardo rivolto a Dio, così da rispettare pienamente la giustizia, il diritto e la dignità delle persone”, dovrebbe far riflettere su qualche “caso” in controtendenza di anni piuttosto recenti.

Il riferimento al “caso Hasler” non è casuale. Ma non è nelle mie/nostre corde tirare per la mozzetta Papa Leone nella lucida consapevolezza dell’”eredità” di governo che si trova a dover gestire, dell’unicità della malefatta dettagliatamente illustrata su queste nostre pagine e dei lacci e lacciuoli che impediscono di smantellare la cappa di piombo in cui il “caso” è rimasto incapsulato.

Le parole pronunciate ieri dal Papa sono state musica (ascoltata durante i TG) per le mie orecchie e balsamo per l’animo la rilettura dell’approfondita analisi del tema “giustizia” alla luce di richiami biblici, peraltro presente in molti dei suoi discorsi di questi primi quattro mesi e poco più di pontificato. Dai quali ho tratto la citazione dell’immagine al presente Post, che di primo acchito mi era giunta come conferma di certezze offese dall’arbitrarietà di una decisione incredibile e che sintetizza, con l’impegno programmatico di Leone XIV di porre Cristo al centro del suo pontificato, la premessa di un’azione di governo orientata al rispetto della virtù della giustizia.

Passando dalle linee generali ad un aspetto non secondario e più concreto del binomio giustizia-ingiustizia, ha condannato la violazione a danno dei più deboli e degli oppressi del diritto alla difesa nelle sedi deputate allo scopo e del dovere della riparazione delle offese causate. Invocando una condotta equilibrata, “secondo la ragione e la fede”, nel promuovere l’attuazione della massima: “dare a ciascuno il suo”, con l’obiettivo di realizzare “l’equità nei confronti delle persone e del bene comune”.

Obiettivo che è garanzia di un ordine a tutela del debole, di colui “che chiede giustizia perché vittima di oppressione, escluso o ignorato”.
Esigenza umana del tutto legittima, oltre che comprensibile tranne che per i non pochi “consolatori” per modo di dire degli afflitti che, per ignoranza o per opportunismo, liquidano la fame e la sete di verità e giustizia reclamate con il semplicistico rinvio alle promesse della corrispondente beatitudine evangelica, che non esonera dall’obbligo del rispetto di uno dei diritti fondamentali dell’uomo.

Giustizia evangelica che, ha infatti precisato il Papa – dando prova di usare come d’abitudine parole ben ponderate, tanto più nel trattare una materia di sua stretta competenza, avendo conseguito tra l’altro il dottorato in Diritto Canonico – “non distoglie da quella umana, ma la interroga e ridisegna: la provoca ad andare sempre oltre, perché la spinge verso la ricerca della riconciliazione. Il male, infatti, non va soltanto sanzionato, ma riparato, e a tale scopo è necessario uno sguardo profondo verso il bene delle persone e il bene comune. Compito arduo, ma non impossibile per chi, cosciente di svolgere un servizio più esigente di altri, si impegna a tenere una condotta di vita irreprensibile”.

Per una giustizia concreta, che renda a ciascuno quanto gli è dovuto – ha affermato inoltre Leone XIV – occorre un salto di qualità verso l’effettiva completezza dell’uguaglianza “nella dignità e nelle opportunità fra gli esseri umani”, che superi quella “formale di fronte alla legge”.
Pur essendo questa “una condizione indispensabile per il corretto esercizio della giustizia”, si rivela – ha aggiunto – non sufficiente per l’eliminazione delle “crescenti discriminazioni che hanno come primo effetto proprio il mancato accesso alla giustizia. Vera uguaglianza, invece, è la possibilità data a tutti di realizzare le proprie aspirazioni e di vedere i diritti inerenti alla propria dignità garantiti da un sistema di valori comuni e condivisi, capaci di ispirare norme e leggi su cui fondare il funzionamento delle istituzioni”.

L’esercizio della giustizia, al servizio di ogni singola persona e della collettività, esige in definitiva per Papa Prevost la predisposizione ad un amore illuminato dalla verità e sostenuto dalla saggezza che permette di non sminuirne la grandezza “quando la si esercita nelle cose piccole, ma emerge sempre quando è applicata con fedeltà al diritto e al rispetto per la persona in qualunque parte del mondo si trovi”. Come da insegnamento di Sant’Agostino nel trattato “De doctrina christiana” sull’interpretazione delle Scritture.

Maria Michela Petti
21 settembre 2025