Niente retorica sul “lavoro”!

1 May 2022 1 By EH(?)

Il profluvio di “belle parole” sulla questione “lavoro” non si arresta…
eh! sì che è – da sempre – stata al centro della sollecitudine della Chiesa e dei documenti del Magistero. Ma: purtroppo, con leggerezza … in qualche “caso”… trasgrediti.

Hai argomentato fin troppo finemente il “punto dolente” ad ogni ricorrenza annuale nei ricordi amari che oggi riproponi.
Inutilmente? Stando alla realtà dei fatti sembrerebbe proprio di sì.
Ma: se a Dio non serve la tua/nostra insistenza sullo stesso tasto, non altrettanto inutile risulterà (e qualche segnale lo abbiamo già colto!) all’atto di una rilettura disincantata anche della “vicenda”- in cui sei finito stritolato – che non ha trovato, da quel triste giorno e fino al presente, una spiegazione logica “sull’altare della verità”, sostituito dall’ “altare dell’ipocrisia”.

Alludo – per chi non ne fosse a conoscenza – alla motivazione fornita dal pontefice regnante dell’accettazione da parte sua, nel dicembre scorso, della rinuncia presentata dall’ex (ora emerito) arcivescovo di Parigi, mons. Aupetit, vittima di notizie scandalistiche e pretestuose pubblicate da un organo di stampa francese.
A tale cronaca ho dedicato il Post “Dal punto di vista…papale” del 6 dicembre 2021, con la conclusione relativa alla manipolazione emotiva dell’opinione pubblica, che – scrivevo e ribadisco – si trasforma in paravento di malefatte da insabbiare e, nello stesso tempo, strumento per il raggiungimento di obiettivi prefissati: primo fra tutti quello di far perdere “la fama di una persona” e «non per il suo peccato» (virgolettati tratti dalla dichiarazione del papa in quella circostanza).

Con l’entrata nel mese di maggio, mi sovviene il proverbio “una ciliegia tira l’altra”, che mi sembra calzante per il “gioco” compulsivo con le parole, cui troppo frequentemente siamo costretti ad assistere, anche – ed è ciò che duole di più – in contesti ecclesiali.
Ne abbiamo scritte tante – di parole – finora, e non per gioco. Chi ha avuto occhi per leggere ha letto e si sarà fatta una (almeno mezza) idea.

Ritengo opportuna, nell’odierna ricorrenza della Festa dei lavoratori, una citazione dall’Enciclica “Laborem exercens” di Giovanni Paolo II (14 settembre 1981). «Il lavoro è un bene dell’uomo. Se questo bene comporta il segno di un «bonum arduum», secondo la terminologia di San Tommaso, ciò non toglie che, come tale, esso sia un bene dell’uomo. Ed è non solo un bene «utile» o «da fruire», ma un bene «degno», cioè corrispondente alla dignità dell’uomo, un bene che esprime questa dignità e la accresce. Volendo meglio precisare il significato etico del lavoro, si deve avere davanti agli occhi prima di tutto questa verità». (9)

Maria Michela Petti
01 maggio 2022