Ma la penitenza ancora no

26 October 2020 0 By EH(?)

La Chiesa deve espiare i suoi peccati di abuso.

È la traduzione del titolo – “Church must atone for its sins of abuse” – di un articolo pubblicato dal “The Tablet” il 19 ottobre scorso che registra la dura accusa di padre Hans Zollner rivolta ad una Chiesa – intesa come istituzione – incapace di assumersi la responsabilità delle proprie colpe e inadempienze, nei confronti delle vittime di abusi sessuali, con lo stesso rigore preteso dai singoli membri del popolo di Dio nel riconoscere i peccati ed espiarli.

La chiara presa di posizione, peraltro non inedita, del gesuita è emersa dal suo intervento ad un incontro svoltosi a Bonn sul tema: “Dark Space- The Church and Sexual Abuse” (e già quelle due sole parole, “Dark Space” = Spazio oscuro, svelano la drammaticità dell’argomento) per iniziativa della Kommission für Zeitgeschichte, la Commissione tedesca per la storia contemporanea, un’ associazione interdisciplinare non universitaria di personalità che svolgono attività di ricerca e pubblicazione di studi sul cattolicesimo germanico negli ultimi due secoli.

Padre Zollner, membro della Commissione vaticana contro la pedofilia, è direttore e professore dell’Istituto di Psicologia della Pontificia Università Gregoriana, e presidente del Centro protezione dei minori istituito presso la medesima Università, ma poco conosciuto dal grande pubblico perché non presenza assidua in spazi mediatici. Nativo di Regensburg, con il suo stile tipicamente tedesco, parla nel luogo giusto e al momento giusto, con un linguaggio essenziale e inequivocabile. Senza azzeccagarbugliare. Le sue analisi della piaga degli abusi sessuali nella Chiesa, di cui si occupa prevalentemente, risultano precise nel centrarne cause ed effetti, e altrettanto esplicita è la condanna degli errori e dei colpevoli.

L’ ultima, riferita dal settimanale cattolico britannico – che non ha trovato eco nel vasto mondo dell’ informazione – punta al cuore del problema che è all’origine di tutti i mali e della crisi dell’istituzione, oggi di stringente attualità per un susseguirsi di vicende che hanno alimentato gli scandali e moltiplicato le richieste di chiarimenti, per avviare finalmente un percorso di effettiva rinascita, partendo da parole di verità e da una fattuale trasparenza (più volte evocata dal papa) per instaurare il processo di consequenziale esecuzione.

«Molto spesso – ha lamentato p. Zollner, nella relazione sviluppata a Bonn – la leadership della chiesa reagisce solo se pressata dall’ esterno».

A seguito [mie le seguenti osservazioni] di inchieste e/o reportage giornalistici. E troppo spesso senza dare risposte adeguate. E sempre che si abbozzi una qualche risposta, e non si svicoli nell’abitudine a lasciar decantare il clamore, opponendo un silenzio che si traduce, nei fatti, in una sponda all’omertà ed impedisce di far emergere responsabilità e complicità.

Senza dare un taglio netto a quel clericalismo che comprende e avvolge gli abusi di varia natura: sessuale, di potere e di coscienza.

Stigmatizzato ripetutamente dallo stesso papa, ma che nei fatti – che altrettanto ripetutamente balzano alla ribalta delle cronache – svela la tendenza perdurante all’assoluzione e all’ autoassoluzione, sia pure abilmente mascherata.

Un atteggiamento, che è indice di disprezzo del popolo, bollato come “malattia” nell’omelia della messa da Casa Santa Marta, il 6 maggio scorso, «che toglie la libertà della fede dei credenti», dal papa che, dallo stesso altare il 28 marzo precedente, aveva avvertito del pericolo cui porta “questo senso di élite nella nostra dirigenza”: la perdita di empatia con il popolo di Dio.

«Il clericalismo condanna, separa, frusta, disprezza il popolo di Dio» aveva affermato in un colloquio a porte chiuse con i confratelli gesuiti, nella Nunziatura apostolica in Mozambico nel corso del suo quarto viaggio apostolico in Africa, a settembre 2019, pubblicato poi da “La Civiltà Cattolica”. Aggiungendo: «è una vera perversione nella Chiesa, pretende che il pastore stia sempre davanti, stabilisce una rotta, e punisce con la scomunica chi si allontana dal gregge. Insomma: è proprio l’opposto di quello che ha fatto Gesù…Il clericalismo confonde il ‘servizio’ presbiterale con la ‘potenza’ presbiterale. Il clericalismo è ascésa e dominio. In italiano si chiama ‘arrampicamento’. Il clericalismo ha come diretta conseguenza la rigidità».

Più netto sul tema padre Zollner che, in un’intervista all’Agenzia Sir del 21 agosto 2018 – aveva dichiarato: «Il clericalismo è una mentalità che mette il clero in una “classe superiore”… Nessun membro del Corpo è al di sopra della legge, della giusta critica, della discussione. Una delle conseguenze di una mentalità da “élite speciale” è l’idea secondo la quale “posso permettermi quello che voglio”, e questo ha portato ai crimini più scioccanti, alla (spesso) totale assenza di empatia con le vittime e del senso di responsabilità da parte di tanti rappresentanti della Chiesa locale.

Ogni abuso, specialmente se commesso da un chierico – aveva detto senza mezzi termini – oltre ad essere un gravissimo peccato, è anche un crimine».

Un gravissimo peccato”

Tre parole pronunciate pari pari in un’aggiunta a braccio alla catechesi dell’udienza generale del 15 marzo 2017, fra gli applausi dei partecipanti, fra i quali una rappresentanza dei dipendenti di Sky Italia della sede romana, dove si prospettavano licenziamenti e trasferimenti a Milano.

«Il lavoro ci dà dignità – scandì il papa – e i responsabili dei popoli, i dirigenti, hanno l’obbligo di fare del tutto perché ogni uomo e ogni donna possa lavorare e così avere la fronte alta, guardare in faccia gli altri con dignità». E ammonì: «Chi per manovre economiche, per fare negoziati non del tutto chiari chiude fabbriche, chiude imprese lavorative e toglie lavoro agli uomini, questa persona fa un peccato gravissimo».

Soltanto dieci giorni dopo un suo inviato consegnava ad Eugenio Hasler il biglietto (già reso pubblico) di convocazione per il mattino seguente a Casa Santa Marta, dove gli comunicò la condanna senza appello, maturata nel segreto di quelle stanze. E, dopo quattro anni circa: non del tutto chiara… tanto per non andare oltre le parole della frase sopra citata.

Se ne faccia una ragione chi, immerso (e perso) nella beata noncuranza, potrebbe sentirsi infastidito per un nanosecondo dalla mia insistenza… I tasti battono, e batteranno, sempre sulle note dolenti…

Maria Michela Petti