Fierezza. Senza eccessi e senza pregiudizio

10 Luglio 2023 0 Di EH(?)

A testa alta. In difesa, da quel dì, della dignità familiare e, da tempi non sospetti, dei diritti fondamentali, violati soprattutto a danno dei figli, in ogni fase della loro crescita, in un mondo in cui non sono vissuta in alcun momento come Alice nel Paese delle meraviglie, di cui ho ripetutamente e inutilmente segnalato la “nudità” a responsabili mancati della presa in carico di ogni comunicazione, in versione scritta e orale. Tutte presentate, sempre, con la massima discrezione, e senza sottrarmi a comportamenti ed azioni consequenziali. Nel mentre sono continuate ad andare in scena le repliche della mostra di abiti invisibili, venduti per “favolosi” da ciambellani e cortigiani in visibilio, nel reggere uno strascico regale che non c’era.
Ad oggi, di costoro: alcuni sono passati a quella che viene definita “miglior vita” (e – buon per loro! – se effettivamente è … “migliore” …), pochi altri – insieme a conoscitori a latere delle disavventure con cui abbiamo dovuto fare i conti, quotidianamente – continuano a vivere la loro vita, al meglio (e, beati loro!), con la faccia rivolta dall’altra parte…

Chi scrive, per nulla sprovveduta, e consapevole delle proprie responsabilità, avendoci messo sempre la faccia – come si dice; e come purtroppo non si fa, soprattutto in ambienti “particolari” – persino non restando indifferente a situazioni di disagio di soggetti estranei al nucleo familiare, può a pieno titolo rivendicare di aver risposto sempre e solo alla propria coscienza. Dopo attenta valutazione di ogni moto dell’animo addestrato ad una scuola di vita sui generis, in tutto e per tutto inscalfibile dall’essenzialità dei bisogni delle singole persone, e in particolare dei più piccoli e indifesi.
In un contesto dove, per me, il travaglio – normale e a termine, prima di ogni nascita che, con la gioia della vita nuova, fa dimenticare i dolori del parto – è iniziato nel momento in cui ho portato i figli neonati ed è durato per tutti gli anni di permanenza, senza soluzione di continuità.
E, dove – nel momento in cui sembrava che ci si stesse avviando a voltare pagina perché ognuno di loro iniziava una vita “altra” nel mondo del lavoro (pur non privo, in genere, di problematiche di “normale” amministrazione) – ecco che ci fu assestato il noto colpo di grazia, che ha condannato tutti noi ad un travaglio vita natural durante!
Eh! sì che, dopo decenni di sacrifici e rinunce, con annessi e connessi di difficilissima immaginazione eppure impalliditi di fronte alla “cacciata”, avremmo meritato – se non altro – almeno il minimo sindacale di una serenità, negataci invece non per gli accidenti della vita stessa, ma per un incomprensibile, inaccettabile e immotivato, atto arbitrario.

Ecco: l’ennesima mia denuncia, in forma pubblica, essendo stati catapultati – nostro malgrado – nella piazza – di più: nella gogna – mediatica, perché da alcuni anni a questa parte va di moda avviare processi, con gli immancabili (e ricercati) grossi colpi giornalistici.
Denuncia a dimostrazione della mia determinazione nella difesa della dignità, in primis di Eugenio.
E, come sempre, non per un improbabile, quanto non voluto, stimolo a “far rumore”, riservato con insistenza a paladini dall’identità più o meno nota di “cause” di varia natura e di interesse vario, che oggi furoreggiano.
Né perché incoraggiata ad alzare la testa da qualche, non supplicato, “santo protettore” in terra. Anche perché tali “autorizzazioni”, gratuite e a senso unico, cioè concesse a destinatari selezionati, rientranti nelle “grazie” dell’autorità che rilascia il placet, soggiacciono – per rendere plasticamente l’idea – all’attività alterna delle braccia del concedente, come di un suonatore di fisarmonica.

È proprio la rivelazione di un sostegno morale del genere, oltre che materiale nella soluzione di una vicenda particolare, che ha avuto per protagonista il papa regnante – però al tempo in cui era arcivescovo di Buenos Aires – e per favorito il Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, di fresca nomina (il 1° luglio scorso), mons. Victor Manuel (“Tucho”) Fernández, che mi ha offerto l’occasione imperdibile per tornare a battere sul tasto della dignità violata e da me strenuamente difesa.
Rivelazione che desumo dall’intervista, a firma di Virginia Bonard, rilasciata dal vescovo il 4 giugno 2020 per il periodico dei Paolini “Credere”, e rilanciata nella versione integrale da “Famiglia Cristiana” il 3 luglio scorso.

“Alza la testa e non lasciare che ti tolgano la tua dignità”.
È l’incitamento rivolto, in quella determinata circostanza, dall’allora card. Bergoglio al Monsignore, che aggiunge: «Questa frase mi ha segnato per il resto della mia vita».
Circostanza legata alla ritardata “ratifica di Roma” della designazione di mons. Fernández a rettore dell’Universidad Católica Argentina, fortissimamente voluto in quella carica dal primate argentino di quel periodo. Ratifica dovuta da parte della Congregazione competente, trattandosi di un’università pontificia, e protratta per 17 mesi per accuse relative a suoi “presunti errori dottrinali”.
Nomina formalizzata nel 2009, a seguito dell’infaticabile interessamento del suo autorevole sostenitore, come lo stesso vescovo ricorda e come sottolineato da organi di stampa, con il supplemento di interviste ad abundantiam rilasciate da mons. Fernández in questi giorni successivi al conferimento del mandato di Prefetto del DDF. Mandato che ha sollevato non poche reazioni contrarie alla ferma volontà del papa, che – come ampiamente riferito – lo ha addirittura dispensato dall’obbligo di occuparsi delle questioni relative agli “abusi”, per dichiarata incapacità del nominato.

Non intendo, qui, tornare sull’argomento già oggetto del precedente Post, né entrare nel merito delle dichiarazioni e delle interviste che spopolano nell’area mediatica. È un compito che non mi compete e che lascio volentieri agli addetti ai lavori, alle cui analisi attingo volentieri per approfondire la conoscenza anche di questo “nuovo” capitolo della vita ecclesiale corrente. Tutto da verificare nella concretezza degli sviluppi futuri e dei fatti, al di là di propagandati (da quel dì) annunci di rinnovamento e di rinascita. Quasi di “nuovi cieli e nuova terra” all’orizzonte.
Ho chiaramente illustrato il fine di quanto ribadito su input di una dichiarazione del Neoprefetto, che ho ritenuto adatta allo scopo che mi sono prefisso… dalla data per noi tristemente memorabile… e che non smetterò di perseguire.
Perché vale per tutti, senza eccezione di sorta, quanto sancisce l’Art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000).
«La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata».
Dignità della persona umana che nel Preambolo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) viene riconosciuta quale “fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”.

Maria Michela Petti
09 luglio 2023