L’ULSA cenerentola della “Praedicate Evangelium”?

23 Marzo 2022 0 Di EH(?)

“L’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica (ULSA) nella nuova Costituzione ridotto a poche righe e collocato in un’area fumosa” titola, oggi, 22 marzo, la Redazione de “Il Sismografo” – sito di informazione para vaticano – prendendo in esame l’Articolo 11, ad esso dedicato, della “Praedicate Evangelium”, la Costituzione Apostolica pubblicata sabato scorso, 19 marzo, nella Solennità di San Giuseppe.
L’Ufficio, nato dalla sollecitudine del Papa San Giovanni Paolo II per le condizioni di tutti i dipendenti della Sede Apostolica, impegnati nella realizzazione del “vangelo del lavoro”, fu istituito il 1° gennaio 1989 con un proprio Statuto perfezionato nel 1994, e successivamente (il 7 luglio 2009) rimodulato da Benedetto XVI con Il Motu Proprio “Venti anni or sono”.

A distanza di trent’anni quell’Ufficio, nella nuova Costituzione – si fa notare nell’articolo de “Il Sismografo” – «Non si capisce in quale posto dell’organigramma si colloca l’ULSA e qual è il suo referente o perché dovrebbe rientrare nella dicitura “principi operativi della Curia Romana”». «Concetti – aggiunge – che non si capisce bene cosa vuol dire», con l’auspicio che i termini della questione possano essere chiariti entro la data della sua entrata in vigore, il 5 giugno prossimo, Solennità di Pentecoste.
Come avvenuto – sia detto per inciso – per la modifica, di cui si è avuta notizia in data odierna, apportata all’art. 93 riguardante “l’uso dei libri liturgici precedenti la riforma del Concilio Vaticano II”, in carico al Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

L’ Articolo 11, “fumoso” a parere delle firme del Sito, recita: «Di tutto ciò che concerne le prestazioni di lavoro del personale alle dipendenze della Curia romana e delle questioni ad esso connesse si occupa, secondo la propria competenza, l’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica, a tutela e promozione dei diritti dei collaboratori, secondo i principi della dottrina sociale della Chiesa».

E si ricorda, tra l’altro, la raccomandazione impartita dal Papa polacco con il conferimento del compito a tale Organismo, di Sua emanazione, a: «proseguire nel consolidamento della comunità di lavoro con interventi volti a promuovere il pieno adempimento delle Norme poste alla sua tutela e a comporre eventuali questioni che dovessero sorgere in materia di lavoro». Su quest’ultimo impegno richiesto: peccato aver dovuto tristemente prendere atto della mancata risposta alle (nostre) aspettative!

Il punto maggiormente enfatizzato dalla stampa – a pubblicazione avvenuta di questo Documento sulla riforma della Curia, nei fatti attuata con le “innovazioni” introdotte nel corso del pontificato corrente, e per la cui stesura ci son voluti per nove anni circa – è quello relativo al «coinvolgimento di laiche e laici, anche in ruoli di governo e di responsabilità. La loro presenza e partecipazione è, inoltre, imprescindibile, perché essi cooperano al bene di tutta la Chiesa» (Preambolo, 10), sempre ovviamente per nomina papale, come è sempre stato ed è giusto che sia.

Ora: premesso che il papa regnante ha già proceduto a molte nomine secondo quanto stabilito nella nuova Costituzione, non va nemmeno dimenticato che si è spinto anche oltre, come alcune vicende balzate agli onori della cronaca dimostrano. Per restare a quella più recente, si ricordi il “caso” dell’ex vescovo argentino di Orán, mons. Gustavo Zanchetta, condannato il 4 marzo scorso a quattro e mezzo di carcere dal Tribunale di Salta per “abuso sessuale semplice, continuato, ed aggravato dal fatto che l’autore fosse il ministro di un riconosciuto culto religioso” ai danni di due ex seminaristi. Per lui, suo amico, accolto in Vaticano quando ormai si era messa in moto la macchina della giustizia civile, aveva creato addirittura il ruolo ad hoc di Assessore presso l’APSA (Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica). A questo “caso” ho dedicato il Post: «È la stampa, bellezza!».

Un’altra vicenda emblematica del modo di procedere alle nomine di Bergoglio è quella risalente ad aprile 2018 e riguardante mons. Dario Edoardo Viganò, al quale riservò il ruolo di Assessore presso la Segreteria della Comunicazione, di cui era stato Prefetto, dopo essersi dimesso per aver taroccato una lettera di Benedetto XVI a proposito della collana “La teologia di Papa Francesco”. E l’anno successivo lo promosse vicecancelliere della Pontificia accademia delle scienze e della Pontificia accademia delle scienze sociali, “con specifica competenza per il settore della comunicazione”.

Maria Michela Petti
22 marzo 2022

rif. https://ilsismografo.blogspot.com/2022/03/vaticano-lufficio-del-lavoro-della-sede.html#more