Pinocchio. Cloni senza tempo

2 Agosto 2022 0 Di EH(?)

Caro Mastro Geppetto,
non puoi nemmeno lontanamente immaginare quanto la sorte sia stata benevola con te, concedendoti di veder realizzata la speranza riposta in quel figlio che tanto ti aveva fatto penare, ma che alla fine di un lungo percorso – plasmato dal tuo amore di padre – aveva imparato a vivere senza ricorrere a sotterfugi, diffidando di falsi maestri e venditori di fumo per tornaconto personale.

Come te, ho conosciuto “famiglie intere di Pinocchio” ed ognuna – a quel che continua ad apparirmi – se la passa sempre molto bene, ai danni non solo degli estranei al ristretto nucleo familiare, ma addirittura degli stessi consanguinei.
Eh! sì, è proprio vero: fratelli coltelli. E: come sono affilate le lame! Quanti fendenti vibrati in totale assenza di sincerità e rispetto almeno dei vincoli di sangue!

Col senno di poi: se solo Mastro Ciliegia fosse stato reso diffidente dalla strana reazione di quel pezzo di legno, parlante ad ogni tentativo di lavorazione per ricavarne la gamba mancante di un tavolo cui, presumibilmente, non avrebbe garantito la stabilità voluta, avrebbe esaudito a cuor leggero la tua richiesta di cedertelo. Per coronare il sogno di farne un burattino, con il quale portare in giro per il mondo uno spettacolo che a te avrebbe assicurato di che vivere e al pubblico pagante momenti di sano diversivo alle cure quotidiane.

Fu ingenuità o superficialità la tua, caro Geppetto, nel riporre in quell’opera delle tue mani gli affetti e le speranze per il resto dei tuoi giorni, stregato forse dalla tua stessa creatività che ti aveva spinto a credere di essere riuscito ad infonderle un’anima, alla stregua di ogni essere umano?
Non che basti l’appartenenza a tale genere, beninteso, per mettere chiunque al riparo dall’ ingratitudine e dalla tendenza a disobbedire e mentire; tutt’altro! Basti ricordare l’esempio dei nostri progenitori, che con il peccato d’origine hanno lasciato nel nostro DNA tracce riconducibili alla predisposizione a cadere in facili tentazioni con l’abitudine a risolvere con le bugie le conseguenze di ogni azione, premeditata o sconsiderata.

Ciò non è da interpretarsi, ovviamente, come un’attenuante o scusante della tendenza ad un andazzo che trova anche terreno fertile in determinate condizioni ambientali e culturali, e giustifica la riduzione di un qualsiasi soggetto a fantoccio di burattinai senza scrupoli, abili a sfruttare ogni congiuntura favorevole a interessi di bottega, dando spettacolo continuo di un gioco che accontenta tutte le parti in causa.
Facile ipotizzare – anche se a pensar male si fa peccato…- che sarà un gioco da ragazzi impostare l’intelligenza artificiale, cui si sta lavorando d’impegno, in modo da evitare che esseri umani del futuro, realizzati in laboratorio, non contraddicano la realtà che si vorrà strutturare, imponendo il dominio assoluto dell’uomo su tutto ciò che lo circonda, suoi simili compresi.

Dinanzi allo scenario che si profila con la presenza di figure simili, che a ragione andrebbero incasellati fra i cloni di Pinocchio, non si potrà non arrivare all’amara considerazione di Collodi: «I burattini non crescono mai. Nascono burattini, vivono burattini e muoiono burattini» …nei secoli dei secoli.
E sarà sempre più difficile andare oltre l’apparenza, come non è facile risalire alla verità fattuale, che forse neppure esiste in un mondo abitato da maschere, dove ognuna porta la sua verità, diversa da quella che indossa e da quella che viene percepita dagli altri: “così è, se vi pare”.

«Ciascuno mente parlando con il prossimo;
parla con labbro adulatore e con cuore doppio». (Salmo 12,2)

Pur animato da buone intenzioni, caro Geppetto, ho l’impressione che fosti tratto in inganno dall’illusione di mettere in riga Pinocchio, col solo reggere i fili di quella “creaturina” particolare, battezzata come burattino.
Una marionetta, come tante altre, di ogni epoca, sebbene non partorite in un laboratorio artigianale o artistico. E, sostanzialmente, la morale della storia non cambia di una virgola.
Illusione che non ti permise di analizzare con obiettività le incognite della novità di una creazione di fantasia, incredibilmente somigliante al prototipo della specie umana, tanto da assicurarne la sopravvivenza in evoluzione di generazione in generazione.

Potresti replicare, caro Maestro, che il tuo Pinocchio possedeva la “dote” innata di non riuscire a mascherare l’abitudine alla bugia, tradita infatti dalla crescita immediata a dismisura del naso alla prova di ogni falsità.
E, non ignoro affatto quel sentimento intimamente legato all’ immagine di sé, che si vorrebbe salvaguardare, e che porterebbe a provare vergogna per comportamenti contrari a tale intento, così da far desiderare addirittura di voler scomparire. Ma, intanto, una volta contratto il vizio della menzogna, ciò che è andato via via scomparendo è il disagio avvertito alle prime battute, con la manifestazione esteriore del leggero rossore sul viso.

Viso del bugiardo sempre più difficile – ma non impossibile – da identificare dietro la collezione di maschere indossate con nonchalance al pari di un accessorio dell’abbigliamento alla moda.
Ma, nel bel mezzo di una delle tante “recite”, può sempre scapparci l’imprevisto.
Infatti: «Chi cammina nell’integrità va sicuro,
chi rende tortuose le sue vie sarà scoperto». (Proverbi 10,9)

Proprio come da narrazione di Fedro in: “Prometeo e l’inganno”, con il vasaio che attribuì il nome Menzogna alla “falsa immagine” prodotta furtivamente dall’apprendista (Inganno), sul modello realizzato dal maestro, ma che era rimasta incompleta, essendo venuta a mancargli la quantità di creta necessaria a plasmarne anche i piedi. Cosa che non permise alla copia imperfetta di muovere un passo, dopo il passaggio in forno, con il quale Prometeo aveva provato ad infonderle il soffio vitale, insieme all’opera delle sue mani, che subito invece si mosse spedita e che chiamò Verità.
A questo personaggio mitologico si deve la chiosa all’ episodio raccontato, da cui il detto “Le bugie hanno le gambe corte”: «anch’io son d’accordo chiaramente con quelli che dicono che [la menzogna] non ha piedi. Talvolta – dedusse Prometeo – le cose finte inizialmente servono agli uomini, ma col tempo tuttavia la stessa verità appare».

Conclusione riassunta, peraltro, e a ragione, nell’avvertimento che recita: «Guardatevi dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto». (Lc 12, 1-2)
È questo il perno che ci permette di restare agganciati alla fede che non vuole rinunciare alla speranza di veder illuminata in tutto il suo splendore la verità su fatti e misfatti ostinatamente insabbiati.
Con il memento che introduce al sito: www.eugeniohasler.info, progettato a tale scopo, e curato in spirito di autentica amicizia fraterna da chi non accetta e non si rassegna, insieme a noi, all’ingiustizia colossale perpetrata in spregio alla dignità e alla vita stessa di un essere umano, per di più consegnato senza ritegno alla gogna mediatica, in stridente contrasto con altisonanti e martellanti proclami.
Sindrome di Pinocchio… appunto. E: insanabile.

Maria Michela Petti
02 agosto 2022